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Notizie ed eventi

Novecento
Centro Ricerche

SI È CONCLUSO IL CONVEGNO “BITONTO E LA PUGLIA NELLA PRIMA METÀ DEL NOVECENTO”

Il Convegno Nazionale di Studi “Bitonto e la Puglia nella Prima Metà del Novecento” si è concluso ieri con una retrospettiva sul cinema muto in Puglia e con la proiezione del film “Idillio Infranto” di Nello Mauri (1931). Film che è tra i pochi girati in Puglia di cui è rimasta traccia ed è tra le ultime pellicole senza sonoro realizzate in Italia. L’iniziativa, promossa dal Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, ha offerto un’opportunità unica per esplorare la storia e l’identità della Puglia nel contesto della prima parte del XX secolo, contribuendo così alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della regione. È stato l’ottavo convegno che il sodalizio, sin dalla sua fondazione, nel 1968, ha organizzato. Cinque giornate dedicate alla ricerca in ambito storico e artistica che hanno coinvolto esperti da tutta Italia nell’analisi di vari ambiti di ricerca storica e artistica. Tra i tanti, lo storico Piero Bevilacqua e la storica dell’arte Elena Pontiggia. Diversi i temi affrontati dal 2 al 10 maggio: la storia e i suoi protagonisti, il territorio e i suoi cambiamenti, le rivoluzioni in ambito politico, artistico, urbanistico, la moda, la musica, il teatro e tanto altro ancora. Tutti i contenuti trattati durante il convegno saranno ulteriormente approfonditi negli atti del convegno, a disposizione di chi ha partecipato con interesse e curiosità, ma anche di coloro che non hanno potuto assistere ai vari momenti. Nel frattempo, alcuni dei momenti salienti, dell’evento saranno condivisi sulle nostre piattaforme. «È stata una possibilità di esplorazione di quelli che sono stati anni particolari, quelli del primo Novecento, gravidi di conseguenze positive e negative, attraverso i contributi di tanti studiosi e ricercatori» sottolinea Marino Pagano, presidente del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto: «Ci sarà ancora da lavorare. Pubblicheremo gli atti perché è giusto che momenti come quello ormai concluso non si esauriscano, ma che siano produttivi e che favoriscano ulteriori ricerche». «È stato un convegno decisamente ambizioso che ha rivisto la città nel primo Novecento sotto molteplici aspetti: territorio, urbanistica, sport, politica e tanto altro. Un convegno che abbiamo voluto fortemente, insieme al Centro Ricerche, che noi reputiamo un compagno di viaggio. Un convegno necessario per capire dove vogliamo andare perché, se non pensiamo a quel che è stata la nostra storia, a quelle che sono le nostre tradizioni, non possiamo pensare al nostro futuro» aggiunge Francesco Paolo Ricci, sindaco di Bitonto. Il convegno è patrocinato da Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari, Comune di Bitonto, Fondazione Banco di Napoli, Direzione Regionale Musei Puglia, Galleria Nazionale della Puglia “G. e R. Devanna”, Università degli Studi di Bari, Politecnico di Bari, Ordine dei Giornalisti di Puglia, Ordine degli Architetti, Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” – Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, Istituto Pugliese per la storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – Comitato Provinciale di Bari. Diversi i privati che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento: Gruppo Intini, Impresa Toscano, Agridè, Conserva Trasporti e Tecnologie, BCC Santeramo in Colle, Abbatantuono Arcangelo Costruzioni e restauri srl, Gaetano Brattoli.

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strage della ioiò
Centro Ricerche

Si mantenga viva la memoria delle vittime della strage della Ioiò

È passato quasi inosservato, a maggio, l’anniversario di un tragico evento scolpito indelebilmente nella memoria collettiva della nostra città. Il 12 maggio 1944, ottanta anni fa, Bitonto fu scossa dalla tragica scomparsa di quattordici persone in quella che è ricordata come la “strage della Ioiò”. Un anniversario caduto quasi in concomitanza con la scomparsa dell’ultimo testimone di quella tragedia, Peppino Calamita, che casualmente, grazie ad un cambiamento di mansione provvidenziale, sopravvisse. Reduce da un importante convegno sul Novecento in Puglia e fedele alla sua missione volta a preservare la memoria, il Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto chiede che si mantenga viva la memoria di un evento che ha segnato profondamente la storia cittadina. Per il sodalizio, infatti, la città di Bitonto dovrebbe preservare e onorare il ricordo delle vittime della “Ioiò” attraverso iniziative e commemorazioni, affinché la memoria di chi perse la vita quel giorno sia mantenuta viva come monito per il futuro, per respingere la follia della guerra. Specialmente in un’epoca in cui quest’ultima torna a farsi minacciosa nella nostra Europa. «Il Centro Ricerche non si limita a ricordare l’evento in senso memorialistico, ma invita a non dimenticare e, all’occorrenza, a studiare in quanto vicenda con una sua lezione culturale importante per il presente ed il futuro di una comunità – sottolinea il presidente del Centro Ricerche Marino Pagano -. La storia è per noi elemento fondante della cultura civica, mezzo determinante per capire meglio l’identità collettiva e i valori di una comunità». LA TRAGEDIA Il 12 maggio 1944, il Mezzogiorno d’Italia, liberato da tedeschi e fascisti, era stato occupato dagli alleati. Bitonto era presidiata da una forte presenza inglese. Mezzi militari alleati, carichi di munizioni ed esplosivi, circolavano quotidianamente. I britannici reclutavano manodopera locale per il trasporto di quei carichi pericolosi. Un lavoro rischioso che, però, veniva accettato dalla popolazione povera per sopravvivere. Quel giorno, però, una potente esplosione coinvolse la caserma 1010 (dalla cui errata lettura nacque la dicitura “Ioiò”), situata in un casolare sulla via per Santo Spirito, causando la morte di 14 persone, tra cui dodici bitontini e due militari inglesi. Le vittime furono Francesco Calò, Giovanni Carnicella, Michele Carnicella, Carlo Cirone, Vincenzo Cozzella, Giuseppe Guglielmo, Giuseppe Milillo, Giuseppe Naglieri, Gaetano Saracino, Vito Sivo, Michele Sgaramella, Andrea Valentini e i soldati E. Brogan e R. Clow Pioneer. La lapide in memoria delle vittime è situata presso l’ingresso principale del cimitero cittadino. Sebbene le cause della deflagrazione non siano mai state del tutto chiarite, è indubbio che quelle morti siano vittime della guerra e della miseria che essa provoca, costringendo le persone ad accettare lavori pericolosi pur di sopravvivere.

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studi Bitontini
Centro Ricerche

Studi Bitontini 113-114. Anno 2022

  Numero 113-114 della rivista Studi Bitontini, espressione del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto. Saggi Nella sezione Saggi  di questo numero di Studi Bitontini, Sabrina Centonze, Natalie Iacopino, Sofia Schiattone, Eleonora Gioventù raccontano La scultura a incrostazione di mastice di Santa Maria la Nova a Matera: i riscontri del restauro e i dati preliminari dell’analisi scientifica. Vito Ricci descrive La chiesa di San Giovanni gerosolimitano a Bitonto (secc. XV-XVIII), mentre Carmela Minenna ricorda Le colonie estive tra tempo libero e profilassi. La proposta sociosanitaria di Bitonto Documenti e Discussioni La sezione Documenti e Discussione si apre con un contributo di Maria Luigia Dambrosio, Silvio Custode Fioriello, Anna Mangiatordi, Giuseppe Schiavariello, dal titolo “Due libri per un territorio, una discussione per due contesti: archeologia dei paesaggi nella Murgia apulo-lucana”. Angela Diceglie racconta il tema L’urbanistica del Baliaggio di Santo Stefano a Fasano tra XV e XVIII secolo. Palazzi e case ‘alla fasanese’. Michele Ruggiero parla della paternità del carme Ambulatio Gregoriana, mentre Adriano Morea del nome di Tommaso Tra(j)etta. Marilena Porfido è autrice di Il ‘Mu.Ne. – Museo diffuso dei luoghi di Francesco Netti’. Dal ‘lockdown’ alla progettazione di percorsi di valorizzazione del patrimonio culturale. Chiude Rocco Berardi sul misticismo di Francesco Speranza.

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pignatta
Centro Ricerche

La pignatta

 Nome in dialetto: pegnèute Nome tecnico: pignatta Descrizione: pentola di terracotta di forma panciuta con fondo piatto e alto collo munito di uno o due manici anch’essi di terracotta (20×10 cm. c.a). Attestata in dimensioni più ridotte con la denominazione di pegnatìdde, la pignatta è completamente smaltata all’interno per assicurarne l’impermeabilità e solo parzialmente all’esterno. Uso: trova largo impiego per la cottura di legumi. È il simbolo del focolare domestico, icona di una civiltà contadina che si nutre dei frutti della terra e che dalla terra trae non solo nutrimento, ma anche i cardini del proprio credo esistenziale. La pignatta è sostanza e profumo. È la sostanza di una comunità che attinge le sue risorse dal duro lavoro nei campi. È il profumo che si sprigiona nel tardo pomeriggio d’inverno quando, al rientro dalla raccolta delle olive, la seduzione olfattiva della fagiolata nella pignatta saluta il contadino di ritorno dagli uliveti. Proverbi e modi di dire U addàure de la pegnèute u sèupe la checchièure (Il profumo della pignatta lo conosce il cucchiaio). Il proverbio attinge al lessico specialistico del corredo domestico per chiarire che le problematiche di un nucleo familiare o di un qualsiasi sistema comunitario possono essere conosciute a fondo solo da chi ne è parte integrante. A cècere a cècere se jègne la pegnèute (A cece a cece si riempie la pignatta). Il modo di dire è ispirato alla sapienza culinaria che abbina ai ceci la cottura nella pignatta. Diventa anche metafora di un’azione graduale e metodica che consente il conseguimento degli obiettivi prefissati. Nge chendèute re fèufe jnde a la pegnèute (Le ha contato le fave nella pignatta). È il detto-denuncia a carico di un uomo avaro che, in virtù di una incancrenita spilorceria, lascia pochi spazi di libertà e di gestione domestica alla sua donna. La sua opprimente azione di controllo investe persino la dimensione, tutta femminile, della cucina e della cottura delle fave. Tra le leguminose, la fava è la protagonista della tavola contadina: è gustata nella versione delle fave crapièute, cotte senza togliere il nasello, e cattescèute, ridotte a poltiglia col cucchiaio di legno perché poco cottoie. E sono consigliate dalla demoiatria alle neomamme perché favorirebbero la produzione di latte, sicché molti neonati sono allattati – si diceva – cu làtte de re fèufe. Je na pegnèute (È una pignatta) È l’epiteto poco gradito, affibbiato ad una donna dalle rotondità generose nei punti sbagliati. Il noto contenitore in terracotta dalla forma arrotondata nella parte inferiore metaforizza qui una donna non slanciata e con i fianchi piuttosto larghi. Curiosità Il gioco della pignatta è un evento ludico-ricreativo tipico del periodo postcarnascialesco. L’appuntamento, fissato per la prima domenica di Quaresima, coinvolge uomini e donne perché prevede una pignatta per gli uni ed una per le altre. L’evento consiste nel creare una pignatta di cartapesta ricolma di coriandoli, stelle filanti, ceci e dolciumi. A volte, per la sorpresa degli invitati, la pignatta può contenere un coniglio o persino un volatile. Sta poi alla destrezza del più abile colpire, a occhi bendati, la pignatta con un bastone. A questo punto è assicurata una pioggia di dolciumi, biscotti e cioccolatini!   La pignatta ed altri testimoni della ‘Memoria’ vi aspettano al museo in via Santi Medici 7. (per informazioni e appuntamenti: tel. 080/3745206, mail: info@centroricerchebitonto.com, web: www.centroricerchebitonto.com)   Carmela Minenna

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